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Archivio per la categoria ‘Testi’

Edizioni Sole Nero – “Contro venti e maree” Raccolta di testi di Juan Sorroche

26 Aprile 2021 Commenti chiusi

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E’ disponibile per il download l’opuscolo “Contro venti e maree. Raccolta di testi di Juan Sorroche, anarchico prigioniero dello Stato italiano sotto processo per un attacco esplosivo contro la Lega nord”.

Edizioni Sole Nero n.008

Solidarietà con Juan in sciopero della fame!

Contro venti e maree Lettura PDF

Contro venti e maree Stampa PDF

Svez -Nu Guerrier- feat. Domasan

17 Aprile 2021 Commenti chiusi

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Carcere di Ancona: Testo di Mattia

17 Aprile 2021 Commenti chiusi

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Riceviamo e diffondiamo questo testo riguardo la grave situazione di pressione che nel carcere di Ancona stanno facendo vivere a Mattia (uno dei 5 detenuti dell’esposto). Tra loro Mattia non è l’unico che stanno provando a sfiancare in vari modi. Dalla seconda metà di febbraio a Cavazza (carcere di Piacenza) hanno messo la censura sulla posta. Tutti loro sono stati inoltre sottoposti a nuovo interrogatorio da parte della procura Modena. È chiaro che vogliono stare col fiato sul collo a tutti loro affinchè cedano, così come è chiara la volontà da parte delle guardie, dei medici conniventi e dell’amministrazione penitenziaria di dare un chiaro monito a chi ha ancora voglia di alzare la testa di fronte alle loro violenze.

ALTRO CHE MALASANITÀ, QUESTA È VENDETTA!

Mattia è uno dei cinque detenuti che hanno sottoscritto l’esposto per i fatti di Modena del Marzo 2020, i pestaggi dopo la rivolta e la morte in cella di Salvatore Piscitelli, avvenuta nel carcere di Ascoli Piceno.

Già circa un anno fa fu valutato in Pronto Soccorso ad Ascoli Piceno mentre si trovava in quel carcere (prima che uscisse l’esposto), ed in tale occasione gli fu indicata la necessità di programmare un intervento chirurgico per un grave problema di salute, destinato a peggiorare se trascurato. Attualmente Mattia si trova recluso nel carcere di Montacuto (Ancona). È passato oltre un anno e ancora l’intervento suggerito non è stato effettuato. Nelle ultime settimane la sua situazione di salute si è ulteriormente aggravata ed è stato trasferito ben due volte in Pronto Soccorso. Qui i medici hanno nuovamente programmato un intervento e prescritto la somministrazione di un antibiotico che tuttavia, al rientro in carcere, non gli è stato dato per svariati giorni. Nonostante i ricoveri in Pronto Soccorso il medico del carcere sostiene che le condizioni di salute di Mattia siano buone e che possa effettuare una nuova visita fra 6 mesi. Nel frattempo, nonostante sia stata disposta l’autorizzazione per l’ingresso di un medico di fiducia da circa un mese, non viene comunicata una data per effettuare la visita.

Come leggere tutto ciò? Prosegui la lettura…

DSA Commando – Destroy The Enemy ( Full Album)

14 Aprile 2021 Commenti chiusi

Dopo un po di silenzio vi condivido quest’album pauroso

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LA FURIA – Lo Llamáis Cielo

22 Marzo 2021 Commenti chiusi

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Kual street (Boss y Calla la Orden)

15 Marzo 2021 Commenti chiusi

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Ballem – Hunergeha Welat | Official Music Video |

14 Marzo 2021 Commenti chiusi

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Kafka alla messinese. Testo dell’anarchica Anna Beniamino sul 270bis notificatole nel carcere di Messina (marzo 2021)

12 Marzo 2021 Commenti chiusi

KAFKA ALLA MESSINESE

Esistono fenomeni repressivi in cui il comico travalica il tragico.

I giorni scorsi sono stata l’involontaria protagonista di uno di questi, tra i tanti che il carcere messinese riesce a regalare, ogni giorno.

La DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) di Messina, tramite emissari della Digos cittadina, mi ha notificato in carcere, il 26 febbraio 2021, un avviso di garanzia per 270bis (associazione sovversiva con finalità di terrorismo), a me sola contro lo Stato, ad opera dei PM Vito Di Giorgio e Antonio Carchietti perché è stato: «inviato un hard-disk tramite corrispondenza indirizzata allo stesso istituto di pena. Ritenuto che il contenuto del suddetto hard-disk possa fornire elementi utili ad evidenziare le condotte criminose dalla stessa posta in essere o a mettere in luce il sorgere di nuove azioni con finalità terroristiche o di eversione dell’ordine democratico. Rilevato che, come segnalato dalla Digos di Messina nell’informativa sopra indicata, appare necessario apprendere il contenuto del citato hard-disk».

Ad aggiungere ridicolo al tutto c’è che il suddetto hard-disk non è entrato attraverso una non meglio specificata “corrispondenza” (fatto pressoché impossibile per chiunque conosca un minimo le modalità di ricezione, registrazione e controllo postale in carcere) ma era custodito al casellario, all’ufficio valori e mi ha seguito a distanza nei vari pellegrinaggi tra le patrie galere degli ultimi 4 anni, contenendo… semplicemente gli atti giudiziari del procedimento Scripta Manent. Insomma… un 270bis per detenzione di atti giudiziari di un processo per 270bis. Ne avevo richiesto l’uscita, come oggetto depositato all’ufficio valori, in occasione di un colloquio.

Con questo la DDA e Digos messinesi si sono distinte per l’applicazione più creativa dell’anno dell’utilizzo dello spauracchio “associativo”… visto che in questo caso i correi potrebbero essere solo i PM torinesi redattori degli atti… o gli addetti degli uffici valori del carcere che li custodivano.

Una tragicommedia che rivela le ricadute spicciole dello stato di polizia (penitenziaria) in atto.

Anna
Messina, marzo 2021


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Sulla breve ma lunga mancanza

12 Marzo 2021 Commenti chiusi

Avevo semplicemente deciso di fare un viaggetto, in barba alle zone rosse bianche e verdi ma è stato un disaster, finito tragicamente.

Gli occhi mi si sono riempiti di bruttura umana e paesaggistica, ho notato un mondo alla derive, in apnea e in attesa della fine annunciata da vaccini o apocalisse.

Il discorso ridotto a formule statiche e ripetitive, un abnorme loop fatta di distanza, mascherina regole di distanziamento, avvicinamento, divertimento a pagamento e libertà vigilata

Sono già stanco di scrivere vado a cagare che in fondo è lo stesso ridotto all’osso

Opuscolo: Il mondo a distanza. Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario

1 Febbraio 2021 Commenti chiusi

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Per scaricare l’opuscolo in formato PDF, cliccare sull’immagine di copertina, qua sotto.

Come si dice nella premessa, ci si propone semplicemente, attraverso alcune letture, esempi e considerazioni, di suggerire l’urgenza di prendere in mano il tema dell’impatto della tecnologia e in particolare delle tecnologie informatiche – rete 5G in testa – in termini di controllo, e di quel che si cela dietro la loro presunta immaterialità. Per richieste di copie cartacee, osservazioni o altro si può fare riferimento all’indirizzo email bergteufelbz@autistici.org. Il disegno in copertina è di acquadicarciofo.

Contro l’istituzionalizzazione della Lott(A)

23 Gennaio 2021 Commenti chiusi

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La presentazione della nuova giunta comunale napoletana, -si ipotizza l’ultima- dell’ ex-Magistrato De Magistris, ha innaffiato non poche critiche da parte di quella schiera giornalistica partenopea, che riflette al meglio l’anima reale del giornalismo italiano di professione.
Motivo principale di tale critica partita soprattutto dal quotidiano “Il Mattino”, è la presentazione in qualità di assessori, di volti noti alla Digos partenopea, i quali fanno riferimento a realtà antagoniste della città.

Tale questione deve farci riflettere da entrambi i lati. Prosegui la lettura…

Vaggelis Stathopoulos e Polycarpos Georgiadis iniziano uno sciopero della fame in solidarietà con Dimitris Koufondinas (Grecia, 18.01.2021)

21 Gennaio 2021 Commenti chiusi

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Da lunedì 18 gennaio iniziamo uno sciopero della fame di cinque giorni in segno di solidarietà con il prigioniero politico Dimitris Koufondinas.

La solidarietà vincerà.

SODDISFACIMENTO IMMEDIATO DELLE RICHIESTE DI DIMITRIS KOUFONDINAS.

I prigionieri politici,
Vaggelis Stathopoulos
Polycarpos Georgiadis
Carcere di Larissa

Gli indirizzi degli anarchici V. Stathopoulos e P. Georgiadis:

Vaggelis Stathopoulos [Βαγγέλης Σταθόπουλος]
Polycarpos Georgiadis
[Πολύκαρπος Γεωργιάδης]
Dikastiki Fylaki Larissas [Κατάστημα κράτησης Λάρισας]
T. K. 41334 Larissa [Λάρισα] — Greece

Nota: A seguito dell’approvazione di una legge che impedisce ai rivoluzionari imprigionati (e condannati con le leggi antiterrorismo) l’accesso alle carceri rurali, Dimitris Koufondinas è stato trasferito dal carcere rurale di Kassavetia (a Volos) verso il carcere di massima sicurezza di Domokos, al posto che in quello ateniese di Korydallos, che era la destinazione indicata dai documenti del ministero. Come scritto da Dimitris: «[…] Dato che insistono su una legge progettata appositamente per me, devono applicarla, e riportarmi nel seminterrato di Korydallos, nell’ala speciale costruita dal ministro della repressione Michalis Chrysochoidis, per seppellire la 17 Novembre, e dove ho trascorso 16 dei miei 18 anni di carcere». Dal 16 gennaio anche gli anarchici Nikos Maziotis e Giannis Dimitrakis, già imprigionati a Domokos, stanno intraprendendo uno sciopero della fame solidale.

Ancora devastazione e saccheggio. Solidarietà a chi si è ribellato il 24 gennaio del 2015 a Cremona

21 Gennaio 2021 Commenti chiusi

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C’era da aspettarselo. Dopo che già nel primo troncone del processo per la rivolta del 24 gennaio 2015 emersa a Cremona concluso in cassazione l’anno scorso, dove era stata confermata la devastazione e saccheggio per quattro persone (compreso l’infame Aioub Babassi che ha indicato alla polizia uno dei successivi arrestati per quella giornata), il secondo grado del secondo troncone che vedeva imputati altri tre antifascisti ha ribaltato la sentenza di primo grado della procura di Cremona, la quale aveva derubricato l’accusa di devastazione e saccheggio in una assoluzione e in due resistenze e danneggiamento. Ieri la procura di Brescia ha posto la spada di Damocle della devastazione e saccheggio sulle teste di Filippo, condannato a tre anni e sei mesi, e Sam e Marco, condannati a tre anni.

La rivolta del 24 gennaio di Cremona, come successo per la sommossa contro il G8 a Genova del 2001, i fatti di Milano del marzo 2006, quelli di Roma del 15 ottobre 2011 e, infine, la rivolta contro Expo di Milano del 2015, rientrano in quelle insubordinazioni di piazza che sono state punite col reato di devastazione e saccheggio. Senza dimenticare che ci stanno provando anche per la rivolta contro le frontiere del Brennero del maggio 2016, dove molte compagne e compagni rischiano pene fino a dieci anni di carcere.

La rabbia è tanta: chi decide sulle vite delle persone, sono gli stessi che difendono ogni giorno con le loro sentenze questo mondo dove la devastazione di un intero mondo e il saccheggio dei ricchi sui poveri sono la normalità dei massacri e delle catastrofi che questo sistema produce. Chi non vuole vedere questa banale evidenza è semplicemente un vigliacco.

Quando ci sono individui che non accettano di abbassare la testa, dopo fatti terribili come un compagno in coma per mano di un manipolo di fascisti ben difesi dalla polizia, non può che scaturire incondizionata solidarietà.

Saper da che parte stare in un mondo dove il virus dell’autorità produce un contagio alla servitù e all’obbedienza vuol dire lottare per la libertà e per la fine di qualunque dominio.

Per questo il pensiero vola a chi si è ribellato quel giorno, senza fare delazioni e senza chiedere scusa. Perché la liberazione da questo mondo passa anche dal desiderio di battersi per il ribaltamento di questa società.

Non saranno certo delle sentenze a fermare le rivolte contro questo putrido mondo e chi ha collaborato a massacrare dei ragazzi ad anni di galera non è certo una trascendenza ma qualcosa di terribilmente reale.

Che lo spirito del 24 gennaio continui nelle più svariate forme, per farla finita con il lento genocidio che stiamo vivendo. Chi si rivolta non è mai solo non può essere solo uno slogan, ma ciò che può scardinare l’esistente perché come diceva una vecchia canzone rap, la ribellione è l’unica dignità dello schiavo.

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Roma – Rebibbia: al G12 dilagano i contagi, lo stato risponde con manganelli e gas contro i detenuti in protesta

17 Gennaio 2021 Commenti chiusi

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riceviamo e pubblichiamo

Sono giorni sempre più difficili per chi è in carcere e per noi che abbiamo i nostri cari lì dentro. Non mancano le proteste perché la situazione è al collasso. Anche a Rebibbia il Covid è arrivato come una tempesta e ci sono molti contagi.

Al G12 la situazione è la seguente: i contagi da Covid sono saliti vorticosamente al punto che l’intera sezione è stata posta in isolamento con conseguente divieto di colloqui visivi con i nostri cari fino a data da destinarsi. Numerose sono state le telefonate dai detenuti e le mail che abbiamo ricevuto nelle quali raccontano di uso di manganelli e di gas fumogeni nelle celle per contenere da parte della Celere una protesta più che pacifica e più che giustificata come diversamente è stato detto invece dalla Direzione di Rebibbia,  da parte della sezione, che ha espresso la volontà di capire che cosa stesse succedendo e la richiesta più che giustificata di aumentare le misure di sicurezza che quotidianamente vengono a mancare per ovvi e risaputi motivi di capienza delle celle stesse. I detenuti della sezione sono stati rinchiusi nelle loro celle h 24 in un misto tra soggetti sani e soggetti contagiati. Senza possibilità di essere protetti perché non sanno dove collocarli visto anche il sovraffollamento che caratterizza il carcere di Rebibbia. Ci teniamo a raccontare la verità perché ogni volta le voci dei detenuti non escono, le proteste sembrano sempre senza ragione e il comportamento delle guardie eternamente giustificato. Ci sono persone che oltre al Covid,erano già in gravi condizioni di salute e che sarebbero dovute uscire da mesi per non rischiare ulteriormente la vita con una pandemia che sta uccidendo in tutto il mondo.In tutto questo i magistrati sembrano non tenere conto della pandemia che sta dilagando in carcere con continui rigetti sulle richieste di sfollamento e di differimento delle pene sostenendo che la situazione è sotto controllo e che il covid non c’è.

Il Covid c’è eccome ma non ne parlano!!!!Il Covid è entrato a Rebibbia e sta dilagando e ha già ucciso. Ne vogliamo parlare noi e dare voce ai nostri cari da qui fuori. Dare voce alla paura… la loro e la nostra. Dare voce al DIRITTO ALLA SALUTE che non va negato “a” e “da” nessuno!

Parenti e amici dei detenuti

A volte ritornano

14 Gennaio 2021 Commenti chiusi

Ciao a tutti e tutte, siamo lieti di annunciarvi che dopo quasi due anni di latitanza cibernetica torna attiva la pagina https://raap.noblogs.org/ , nata nel 2018 per essere una specie di contenitore del Rap AntiAutoritario italiano ma non solo.

Il blog, che spamma anche notizie dalla galassia anarchica, sarà aggiornato in maniera altalenante, a seconda dei tempi, degli stimoli e delle eventuali segnalazioni che arrivano. Senza voler assolutamente sostituire canali di controinformazione molto più “seri e affidabili”, si darà spazio chiaramente al Rap di Protesta ma anche alle notizie riguardanti prigionierx, testi dal carcere, iniziative, mobilitazioni e purtroppo le ben note azione repressive dello Stato.

Per chi fosse interessatx a saperne di più, guardatevi sto link che spiega mpo’ il progetto: https://raap.noblogs.org/chi-siamo-e-perche-questo-sito/

Invece per capire come orientarsi nella pagina andate qua: https://raap.noblogs.org/istruzioni-per-luso/

Per contatti e segnalazioni questa è la mail: alzaitoni@inventati.org

Per il cAos nelle sue variegate forme

Categorie:blog, propagandA, R.A.A.P., Testi Tag: , ,

Modena – Se le mura sono alte la solidarietà le supera

9 Gennaio 2021 Commenti chiusi

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A fine novembre 5 persone detenute nel carcere di Ascoli hanno scritto un esposto alla Procura di Ancona. In questo atto, con grande coraggio, hanno riportato quanto realmente accaduto a marzo nel carcere di Modena e di Ascoli in seguito alle rivolte, in relazione ai pestaggi, agli spari e a alla morte di Salvatore Piscitelli.
Il 10 dicembre sono stati trasferiti nel carcere di Modena. La scelta stessa di questo trasferimento è subito apparsa una forte intimidazione agli occhi di chi, sin da marzo, non aveva creduto alla narrazione delle “morti per overdose”, fossero essi/e parenti o solidali, seppur tra loro sconosciuti/e.
Le condizioni di detenzione in cui hanno tenuto i 5 ragazzi a Modena sono state altrettanto intimidatorie: in isolamento (sanitario), con divieto di incontro tra loro, in celle lisce con vetri rotti, senza possibilità di fare spesa e di ottenere accredito dei versamenti in tempi utili per poter fare la spesa, senza i loro vestiti e con coperte consegnate bagnate qualora richieste.
Immediatamente, all’esterno, si è attivata un’eterogenea rete di solidarietà, costituita da parenti e solidali, che si è mossa su più fronti: sostegno legale, saluti sotto le mura del carcere, lettere, mail di pressione alla direzione del carcere, sollecitazioni ai garanti regionale e nazionale.
Varie testate giornalistiche, a distanza di 9 mesi dal massacro avvenuto nel carcere modenese, hanno riportato i fatti, o si sono trovate costrette a farlo, data la forza della voce dei 5 detenuti e la determinazione di parenti e solidali in loro sostegno. La verità è scomoda da dire e da sostenere, infatti non in tutti i casi è stata riportata per quello che è o è stata detta parzialmente. In un caso, invece, un giornalista è stato licenziato per l’articolo scritto.
Molti giornali e media ufficiali, a marzo, avevano riportato senza se e senza ma la voce dei carcerieri: i 14 morti durante le rivolte di marzo, 9 dei quali deceduti a Modena o in trasferimento dal carcere di quella città, erano morti per overdose a loro dire. Ma dei pestaggi e degli spari nessuno aveva parlato. Prosegui la lettura…

Lettera di Beppe sullo sciopero per il trasferimento e le cure

9 Gennaio 2021 Commenti chiusi

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Lettera di Beppe sullo sciopero per il trasferimento e le cure (03.12.2020)

Pavia, 03/12/20, Casa Circondariale

Carissimi compagni e compagne,

vi scrivo per informarvi che dal 02/12/20 ho iniziato uno sciopero (l’ennesimo dopo svariati scioperi della fame nell’arco di questo anno in questo carcere!) dell’aria e delle salette (le uniche quattro ore che si hanno a disposizione per uscire dalle celle in 20 ore).

Con questo sciopero chiedo le cure trattamentali per le mie patologie ampiamente documentate da circa un anno dal mio legale Fabio Sommovigo! Non sono bastate le segnalazioni-denunce presentate dal mio avvocato!

A oggi vengo completamente ignorato, questo vuol dire condannarmi a morte visto che le patologie di cui sono affetto, se non curate, possono solo aggravarsi!

A tutto ciò si aggiunge l’isolamento in celle a tempo indeterminato visto che sono rinchiuso in una sezione “protetti” e non posso condividere la cella con tali detenuti perché io sono di “alta sicurezza” avendo l’art. 280 con tutte le aggravanti!

Un isolamento nell’isolamento, nel totale abbandono. Ad aumentare la tortura fisica e psicologica si aggiunge l’enorme difficoltà di interagire con la stragrande maggioranza di detenuti (stupratori, pedofili, ex sbirri tra cui Montella, il capo branco della caserma di Piacenza, papponi, femminicidi…).

Chiedo da tempo un trasferimento ma come le cure mi viene negato!

La mia permanenza forzata qui è un pericolo serio per la mia integrità psico-fisica. Non escluso a breve l’inizio di uno sciopero della fame consapevole dei rischi che comporta per la mia salute già compromessa.

Vi chiedo di divulgare questa mia lettera il più possibile a nome di ogni detenuto lasciato morire nelle galere di Stato.

A pugno chiuso.

Beppe Bruna

[Testo pubblicato in italiano nel sito www.sicilialibertaria.it].

Nota:

Beppe è stato arrestato il 21 maggio 2019 per l’operazione «Prometeo», eseguita dai carabinieri del ROS (Raggruppamento Operativo Speciale). Con la stessa operazione sono stati arrestati anche Natascia e un altro anarchico, successivamente scarcerato a dicembre dello stesso anno.

Il 17 dicembre 2019 è arrivata a Beppe un’altra custodia cautelare, sempre eseguita dal ROS. È accusato di aver posizionato un ordigno incendiario contro un postamat presso un ufficio postale (Genova, 8 giugno 2016). In quel periodo le poste sono state attaccate ripetutamente a causa della collaborazione nell’espulsione e deportazione dei migranti attraverso la compagnia aerea Mistral Air (all’epoca controllata da Poste italiane).

Qui di seguito gli indirizzi di Beppe e Natascia:

Giuseppe Bruna
C. C. di Pavia
via Vigentina 85
27100 Pavia

Natascia Savio
C. C. di Piacenza “San Lazzaro”
strada delle Novate 65
29122 Piacenza

Memoria difensiva di Anna in vista della sentenza d’appello del processo Scripta Manent

14 Dicembre 2020 Commenti chiusi

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Alla Corte di Assise di Appello di Torino
Memoria difensiva di Anna Beniamino, seconda parte

L’equivoco di fondo di questo processo è che abbia per oggetto qualcosa di nuovo quando per gli stessi fatti e idee, in tanti compagni, per anni siamo stati indagati, processati, assolti e condannati. Non è nuovo il tentativo di trasformare in “associazione sovversiva con finalità di terrorismo” i legami solidali che stanno alla base dell’agire anarchico.

Non è nuovo il tentativo di cercare un risultato a tutti i costi, attraverso la metodica fabbricazione di “indizi” e suggestioni, e credo sia il mestiere dell’accusa quello di sostenerli anche quando sono demenziali come l’”autoricalco“, offerto in extremis al termine del primo grado di questo processo, o la delirante “fretta” di scrivere un messaggio minatorio alle sei di sera di domenica dopo un’intera giornata passata in casa a lavorare e disegnare.

Sono convinta che da anarchici siamo una magnifica preda: non crediamo nella giustizia dei tribunali, insultiamo PM e poliziotti, spesso rifiutiamo di difenderci di fronte alla plateale messinscena accusatoria. Andrò un po’ contro i miei principi e cercherò di spiegarmi.

Si sta processando l’idea di solidarietà ai prigionieri prima e tra prigionieri poi; quella solidarietà che da anarchici definiamo “solidarietà e complicità” (ed il primo ad usare il binomio non è Gioacchino Somma, con buona pace di accusa e parti civili, ma è un modo di dire in uso da almeno 20 anni in giornali e volantini, basta una veloce ricerca in rete a dimostrarlo) non preoccupandoci del fatto che un sentimento umano possa diventare un capo d’imputazione, un reato. Prosegui la lettura…

Un contributo sulla sentenza di appello per Scripta Manent

4 Dicembre 2020 Commenti chiusi

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Un contributo sulla sentenza di appello per Scripta Manent

In questo periodo distopico, fatto di pandemie, virus e mezzo mondo recluso a casa, la sentenza della Corte di Appello di Torino per il processo “Scripta Manent” è semplicemente un altro tassello che si va a incastrare in questo puzzle repressivo del nuovo ventennio. Una nuova società, di quelle che loro amano chiamare “2.0” in cui, attraverso un “Ministero della Verità” rivisitano, cambiano, costantemente e quotidianamente qualsiasi evento storico in modo che possa incontrare i gusti e confermare tesi e idee del “Grande Fratello”. Un “Ministero dell’Amore”, formato da virologi e infettivologi più presenti negli studi televisivi e nelle tipografie che negli ospedali, che sta azzerando i rapporti sociali e sentimentali attraverso il terrore inculcato quotidianamente su giornali e tv; gli stessi che stanno creando un nuovo linguaggio, o “neolingua”, dove viene timbrata di “terrorismo” ma anche di “negazionismo o complottismo” (giusto anche per irridere) qualsiasi forma di pensiero diversa, contraria e opposta. E ancora, una “psicopolizia” formata da infami alla finestra o muniti di telefonini per strada pronti a filmare ogni nostra azione quotidiana, e un nuovo reato psicologico, “psicoreato”, che tende a distruggere anche i rapporti familiari perché “se muore tuo nonno sappi che è colpa tua che sei andato a bere una birra con gli amici”.

Potrei continuare con quello che sembra un racconto (1984 di George Orwell) ma questo basta per far capire in quale contesto storico arriva una sentenza tipo “Scripta Manent”, e purtroppo ne arriveranno altre nei prossimi mesi.

Non starò qui a smontare le “prove granitiche” del PM perché semplicemente, e fortunatamente, non faccio il suo mestiere ma sicuramente penso che allo “smemorato di Torino” non frega assolutamente niente di aver ragione sul fatto che noi siamo o meno individui appartenenti alla Federazione Anarchica Informale. La cosa che interessa al PM è quella di ottenere in via definitiva una condanna di ergastolo alla Solidarietà e alla Complicità anarchica.

Ha ottenuto le condanne attraverso un processo che non doveva esistere per noi assolti in primo grado per un ritardo di richiesta di appello di tre giorni. Io controllato con un trojan nel computer per 6 anni e a lui non hanno controllato nemmeno la casella di posta elettronica per vedere se fosse presente, anche nel cestino, la PEC che ne avrebbe contestato il ritardo. Non sto facendo del vittimismo ma sto raccontando cosa è accaduto, soprattutto lo sto rinfacciando ad un miserabile che si vanta di aver combattuto la ‘ndrangheta per poi utilizzare gli stessi metodi di falsificazione di carte ed aver ottenuto un processo di appello nei nostri confronti grazie alle sue “amicizie e affinità” che nel gergo mafioso vengono definiti dagli stessi magistrati come “raccomandazioni”. Non a caso gli stessi giudici hanno di fatto evidenziato le vere intenzioni del PM, emettendo una condanna di 20 anni per Alfredo e 16 anni per Anna senza uno stralcio di prova per le azioni imputate ai due compagni. Le altre condanne, che vanno dai 2 anni e 6 mesi per il sottoscritto e Stefano Fosco in giù, dimostrano chiaramente l’obiettivo del miserabile di cui parlavo sopra: isolare i compagni detenuti condannando chi è sempre mostrato solidale e complice con loro, oltre ad essere l’ennesimo attacco alla controinformazione.

Sia chiaro che io non sono per niente stupito della mia condanna perché  dal primo giorno che ho deciso, nel 2012, di aprire il sito di RadioAzione e la radio ero ben conscio a cosa andavo incontro. I vari sabotaggi alla radio stessa tipo il taglio dei cavi telefonici erano squallidi messaggi e minacce ai quali ho sempre risposto col sorriso sulle labbra perché invece di farmi paura mi dimostravano quanto gli “rodesse il culo” per ciò che scrivevo e dicevo. Inoltre mettevo su in rete, nonostante esistesse già la radio da un po’ di mesi, il sito di RadioAzione all’indomani della “Operazione Ardire” in cui venivano arrestati i due compagni Stefano Fosco e Elisa Di Bernardo “rei” di fare tra l’altro controinformazione. Intanto oltre agli sbirri ed i magistrati all’epoca dovevamo tener conto a chi indicava me e altri compagni che facevano controinformazione in rete come coloro che si facevano il loro anarchismo comodamente dalla propria “cameretta”.

Mi sono sempre ritenuto quel cinese seduto sulla riva del fiume e ad aspettare che passassero i cadaveri dei propri “nemici”, e vi assicuro che ne ho visti e ne sto vedendo ancora tanti passare… Sono stato ben conscio di ciò che andavo a rischiare facendo certe dichiarazioni in fase di processo; l’ho fatto sempre scrivendo al singolare. Quindi la cosa peggiore è stata sentirsi dire che con le mie parole avevo messo nei guai, non i miei coimputati che li stavano passando per davvero e non per le mie dichiarazioni, ma altri individui nemmeno citati negli atti. Ma questa è un’altra storia… L’autoreferenzialità di alcuni anarchici che si sentono al centro del buco del culo del mondo ma in verità non ne hanno mai passata una… Sono andato avanti, e continuerò ad andare avanti… forse tornerò indietro per andare a recuperare qualcosa che mi servirà per andare avanti di nuovo con più forza e dando una risposta alla mia condanna e a quella degli altri compagni. Soprattutto cercando di far arrivare ancora con più voce tutta la mia SOLIDARIETÀ E COMPLICITÀ ai compagni detenuti per il nostro e altri processi.

Lo farò anche tornando a scrivere, in particolar modo, ad Anna e Alfredo a cui non avevo più scritto perché il “postino aveva dimenticato” il mio indirizzo di casa a parte per bollette e altre rotture di palle, e quindi per evitare che la nostra corrispondenza finisse sulla scrivania di un miserabile che se ne sarebbe servito per alimentare la mole di atti giudiziari. Non gli ho più scritto ma nei miei pensieri hanno camminato con me quotidianamente in questi anni e continueranno a camminare con me fino a quando non lo potranno fare da individui liberi. Una miserabile condanna non mi allontanerà mai da loro perché lo ripeterò fino alla nausea che sono e rimangono miei compagni, fratello e sorella ai quali sarò sempre Solidale e Complice!

Quindi a te Sparagna dico “Nun te fruscià!” (dal napoletano “non farti illusioni”).

Per l’insurrezione, per l’anarchia!

Gioacchino Somma

5 giugno: sullo sciopero della fame di diversx anarchicx

17 Giugno 2019 Commenti chiusi

Dal sito: https://insuscettibilediravvedimento.noblogs.org/

Il 29 maggio 2019 le compagne anarchiche Anna Beniamino e Silvia Ruggeri hanno annunciato di aver iniziato, a partire dal giorno stesso, uno sciopero della fame contro le condizioni e le restrizioni imposte loro nella sezione AS2 del carcere dell’Aquila, dove sono rinchiuse.

Nei giorni seguenti, tra il 29 e il 31 maggio, anche altri sei compagni anarchici hanno aderito allo sciopero della fame: Alfredo Cospito e Luca Dolce (detto Stecco) nel carcere di Ferrara, Marco Bisesti nel carcere di Alessandria, Salvatore Vespertino (detto Ghespe) e Giovanni Ghezzi nel carcere di Sollicciano a Firenze, e Leonardo Landi nel carcere di Lucca. Riguardo quest’ultimo compagno nei giorni scorsi non era stato divulgato il fatto che fosse in sciopero della fame. Leonardo è stato arrestato a febbraio 2019 per un residuo di pena di 2 anni e 8 mesi relativo ad una condanna del 2012 nel processo legato all’operazione repressiva “Ardesia”. Assieme ad altri compagni era accusato di aver compiuto una rapina nel 2007 e di aver costituito una “associazione sovversiva” (reato per cui non sono stati condannati).

Anna e Marco sono stati arrestati il 6 settembre 2016 per l’operazione “Scripta Manent”, mentre Alfredo è stato arrestato a settembre 2012 per l’azione contro l’amministratore delegato di “Ansaldo Nucleare” Roberto Adinolfi (7 maggio 2012, Genova), azione rivendicata individualmente da Alfredo e dal compagno Nicola Gai durante il processo. Questi ultimi due compagni sono stati destinatari, a settembre 2016, di altrettante misure cautelari in carcere per l’operazione “Scripta Manent”. Anna, Marco e Alfredo, assieme a Nicola e Alessandro, sono stati condannati nella sentenza di primo grado nel processo “Scripta Manent” a pene tra i 5 e i 20 anni di carcere, accusati di aver costituito o partecipato ad una “associazione sovversiva con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico” (tutti e cinque, in riferimento alla FAI/FRI) e per “attentato con finalità di terrorismo”, “strage” e “detenzione e trasporto di materiale esplodente” (due persone, in riferimento a sette azioni esplosive compiute tra il 2005 e il 2007 da alcuni gruppi aderenti alla FAI). I compagni imputati nel processo erano una ventina e l’accusa di “istigazione a delinquere” relativa alla pubblicazione dell’ultima edizione di “Croce Nera Anarchica” e alla gestione di alcuni siti internet è caduta per tutti gli accusati.

Giovanni e Ghespe sono stati arrestati il 3 agosto 2017 nel contesto di una operazione repressiva che ha visto otto compagni arrestati e lo sgombero dell’occupazione anarchica La Riottosa, a Firenze. Assieme ad un altro anarchico prigioniero (Paska) sono accusati di aver compiuto l’attacco esplosivo contro la libreria fascista “Il Bargello” del 1° gennaio 2017, in cui rimase gravemente ferito un artificiere della polizia. Sono tutti imputati nel processo per l’operazione “Panico”, in cui rientrano anche i fatti di cui sono accusati (per i reati di “tentato omicidio”, “detenzione e trasporto di materiale esplodente”, “associazione a delinquere”, e altri), la cui sentenza è prevista a luglio 2019.

Il compagno Luca Dolce, detto Stecco, è in carcere dal 19 febbraio 2019, arrestato assieme ad altri sette anarchici per l’operazione repressiva denominata “Renata”. Il 9 maggio sono stati trasferiti agli arresti domiciliari cinque anarchici, mentre un altra compagna inizialmente posta agli arresti domiciliari è sottoposta ad alcune misure restrittive. Per tutti loro, nel mese di marzo, a seguito di una decisione del tribunale del riesame che ha ritenuto insussistenti le accuse e le aggravanti di “terrorismo”, è caduta l’accusa di “associazione sovversiva con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico” di cui inizialmente erano accusati una parte dei compagni arrestati, e il reato ipotizzato è divenuto quello di “associazione sovversiva”. Invariate le accuse relative a fatti specifici (“interruzione di pubblico servizio”, “danneggiamento”, “sabotaggio di apparecchi telematici”, “incendio” e “trasporto di materiale esplodente”).

La compagna Silvia Ruggeri è stata arrestata il 7 febbraio 2019 per l’operazione “Scintilla” che ha comportato l’arresto di sei anarchici, alcune perquisizioni a Torino e altrove e lo sgombero dell’Asilo Occupato di via Alessandria, occupazione anarchica esistente dal 1995. L’accusa principale era di aver costituito o partecipato ad una “associazione sovversiva”, di aver compiuto alcune azioni dirette inerenti la lotta contro i CIE ed i CPR, carceri per persone migranti e di aver redatto l’opuscolo “I cieli bruciano”, dove si indicano precise responsabilità nella gestione di queste prigioni. Cinque anarchici sono stati scarcerati nei mesi successivi. Silvia resta in carcere con l’accusa che il suo “profilo antropometrico” corrisponderebbe con quello di una persona ripresa dalle telecamere mentre posizionava un ordigno sotto un ufficio postale (le Poste Italiane hanno avuto possesso della compagnia aerea “Mistral Air”, con cui venivano effettuati rimpatri di persone migranti).

Riportiamo qui il testo che Silvia, tramite videoconferenza, ha letto il 29 maggio durante una udienza legata ad un processo per occupazione in corso a Torino, dove anch’essa è imputata:

“Ci troviamo da quasi due mesi rinchiuse nella sezione AS2 femminile de L’Aquila, ormai sono note, qui e fuori, le condizioni detentive frutto di un regolamento in odore di 41bis ammorbidito.
Siamo convinte che nessun miglioramento possa e voglia essere richiesto, non solo per questioni oggettive e strutturali della sezione gialla (ex-41bis): l’intero carcere è destinato quasi esclusivamente al regime 41bis, per cui allargare di un poco le maglie del regolamento di sezione ci pare di cattivo gusto e impraticabile, date le ancor più pesanti condizioni subite a pochi passi da qui, non possiamo non pensare a quante e quanti si battono da anni accumulando rapporti e processi penali. A questo si aggiunge il maldestro tentativo del DAP di far quadrare i conti istituendo una sezione mista anarco-islamica, che si è concretizzato in un ulteriore divieto di incontro nella sezione stessa, con un isolamento che perdura.
Esistono condizioni di carcerazione, comune o speciale, ancora peggiori di quelle aquilane. Questo non è un buon motivo per non opporci a ciò che impongono qui.
Noi di questo pane non ne mangeremo più: il 29 maggio iniziamo uno sciopero della fame chiedendo il trasferimento da questo carcere e la chiusura di questa sezione infame”.
Silvia e Anna