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10 Febbraio 2019

RAAP (RimeAntiAutoritariePolimorfiche)

Mientras la lucha permanezca, yo viviré”

El Angry

Comincio individualmente questo blog con l’intenzione di circoscrivere una certa tendenza di concepire e fare rap, provando a riscattare le sorti di questa splendida espressione artistica dalla mercificazione dilagante degli ultimi almeno 10-15 anni, e dalla sua commercializzazione e diffusione di massa nelle sue espressioni più becere. L’ennesimo boccone fagocitato e risputatoci impacchettato in formato compresso e scaricabile .pop

Allo stesso tempo si vuole diffondere attraverso uno strumento informatico agile come il blog su una piattaforma quale Autistici, indipendente e autogestita, il Rap AntiAutoritario nelle sue molteplici forme, stili, influenze e latitudini, creando un canale indipendente che funga da cassa di risonanza per la musica, i testi, le voci e le molteplici esperienze che spesso certi album e certe canzoni si portano dietro. E perché no? Fare da rete per connettere situazioni e personaggi che altrimenti non si annuserebbero neppure.

Ma proviamo ad andare per ordine anche se non è il mio forte. Provo a spiegarvi questo RAAP che non è una banda armata, anche se ha un arsenale di rime nascoste nei meandri dei peggio posti.

R (Rap)

Scavalcando a piè pari tutto quello che è il Rap o l’Hip Hop o il (la?) Trap e possibili sfumature commercialoidi, che non interessano qui e che hanno (ahimè) fin troppo spazio sulle frequenze che ci bombardano quotidianamente, provo a spiegare cosa io personalissimamente intenda per Rap, non cadendo in inutili, ora, tecnicismi bensì facendo degli esempi concreti.

Concentrandomi sulla scena italiota che è quella che conosco meglio, il rap che reputo valido e che qui ci interessa, affonda le sue radici nelle esperienze posse degli anni ‘90 (qualcosa anche prima ma poi ne parliamo). Senza volere tracciare una pseudo storia del Rap come genere, vi parlo della mia personale esperienza. Verso il 1995 (ben pischello) mi capita per le mani un tape dei 99 posse che subito piratizzo e ascolto a manetta. Era la prima volta che sentivo dire in maniera cosí diretta certe cose, sbattere in faccia su di un beat e quattro quarti la realtà pura e cruda, senza censure e senza che ci fosse di mezzo “Marco se ne è andato e non ritorna più”. Luca e compagnx gliela cantavano alla grande denunciando abusi, repressione, terrorismo di stato e quant’altro e mi entusiasmai andandomi a cercare i loro dischi.

Io all’epoca non mi interessavo di politica ma cominciavo a riflettere sulle cause e i responsabili delle ingiustizie e brutture che percepivo emotivamente ed eticamente rispetto i fatti dell’epoca e quella che era la mia vita personale; che ne so: la Guerra del Golfo, il Libano, la Palestina, il Chiapas, ma anche piani più vicini a me come gli abusi continui della sbirranza, lo sfruttamento sul lavoro o la semplice difficoltà di arrivare a fine mese, mentre altri sguazzavano nella bambagia alla facciaccia tua. Poi Seattle, Praga e Genova 2001…

Poco a poco individuai nello Stato il colpevole, il vertice di una accidentata e tentacolare piramide, che si regge su una base di sfruttati, strutturata su livelli crescenti partendo dai bassifondi fino ad arrivare verso l’apice, tra quelli che collaborano con i vertici e i potenti di turno che banchettano sulle nostre vite e i nostri sogni.

Questo percorso di chiamiamola conscientizzazione personale e interiore non è stato immediato e tanto meno è venuto da solo o in maniera lineare; è stato accompagnato da persone che, musicalmente parlando, mi hanno fatto ascoltare i gruppi giusti, accompagnato ai concerti, passato le prime basi che poi hanno prodotto i primi tentativi di rime scoordinate con gli amici. Poi in strada con le battle (anche se mi hanno sempre fatto cagare), in piazza, negli squat o nei centri sociali, nelle TAZ, alle manifestazioni, ai presidi, durante i cortei: il rap è stato sempre lì, un mezzo potente e trascinante di movimento e movimenti, sempre che si apprezzino questo genere di cose.

Il Rap di cui parlo è quello che veicola messaggi di lotta, rifiuto, critica pungente allo Stato di cose e che con il suo ritmo e la sua carica potrebbe (reputo) essere un’arma affilata per risvegliare la coscienza (o meglio la dignità) di persone a cui, alle volte, va solo fatta suonare una sveglia per capire che sono vive e che possono alterare la realtà preconfezionata che ci circonda, con un semplice gesto o con una parola detta al momento giusto.

Questo sarà il tipo di Rap diffuso e fomentato in questo blog e a riguardo si accettano segnalazioni da chi è appassionato di questa sotto branca del più generale Hip Hop.

AA (AntiAutoritarie)

Non so se tuttx li abbiate presente ma per semplificare mi vengono in mente quei messaggi di alcuni volantini o adesivi tipo: NoRazzismo NoSessismo NoGuardieSpieStronzivari, NoSelfie, NoTav, NoMuos, NoPoliticanti…ecco, diciamo che questa è la base minima per essere consideratx rappers AntiAutoritarx: essere contro lo Stato di cose e riuscire ancora a immaginarsi un pianeta diverso.

Poi va detto che ogni persona ha un percorso di vita individuale ascendente o discendente a seconda del momento storico e della fase dei propri pensieri, creatività o interessi, per cui non è detto che quella determinata persona che rappa sia perfetta o coerente 4ever senza: inciampare, cantare cazzate, entrare in contraddizione, cambiare genere o stile, prender posizioni ambigue, produrre merdate, commercializzarsi e fare soldi…col passare del tempo.

Se consideriamo una canzone come un’opera d’arte a sé stante sospesa fuori dallo spazio/tempo, la dobbiamo anche giudicare per quella che è nel suo Qui e Ora (o anche nel suo Lì e Fu), tenendosi care e ponendo l’accento sulle emozioni che trasmette, soprattutto se continua a smuovere dentro qualcosa, provocando emozioni pro-positive.

Quindi (come curatore del blog) per adesso metto le mani avanti, anticipando che non si dovrà essere necessariamente polemici nel giudicare la dimensione e la parabola artistica o personale dell’autore o della band se queste cambiano, prendendo altre strade. Conta l’intenzione al momento della canzone, vale lo spessore del testo, poi il resto si vedrà volta per volta.

Per chiarire, torno ai miei anni: prendete i 99 Posse (spero mi scuseranno per la seconda citazione ma restano un esempio a me vicino) che negli anni ‘90 hanno cantato Curru Curru Guaglió o Rigurgito Antifascista e poi vent’anni dopo sono, è vero, rimasti un gruppo di protesta ma moolto più commerciale e “mainstream”. Personalmente non sono sulla loro stessa linea e attualmente non li ascolto più ma ciò non cancella l’importanza storica e artistica di quelle canzoni e di quelle esperienze del passato, sia sul piano mio personale, che dell’apporto musicale e culturale/artistico alle lotte. Certo se poi uno mi diventa razzista/sessista/guardia/spia/stronzxvarx lo banniamo, certamente e non diffonderemo ciò che produce o ha prodotto.

P (Polimorfiche)

La rima agisce come un graffio, un grido, una scritta sul muro, una poesia, un’azione diretta: per chi la produce e per chi la riceve lascia un segno. Sono convinto che come è stato per me anche per altre persone questo genere musicale possa veicolare grossi contenuti e arrivare dritto al cuore con un linguaggio diretto e senza peli sulla lingua. Farsi portavoce di belle e brutte storie, far riflettere, smuovere coscienze, incitare a darsi una mossa e re-agire.

Alcuni pezzi rap sono analisi profonde della realtà e disegnano uno spaccato della società. In questo senso il disco La morte dei Miracoli di Frenki hi-nrg del 1997 per me è stato rivelatore e ancor’oggi se ascolto Quelli che benpensano me la canto tutta e la sento attualissima. – L’artista di cui sopra, lui si che ha fatto ná brutta fine ma ai suoi tempi ha fatto storia, tracciando un cammino – Ora il suo parallelo odierno, altrettanto cervellotico e sottile ma con immensa più classe e profondità, potrebbe essere (azzardando e forse offendendolo) il maestro Murubutu,  ma queste storie ce le racconteremo un pó per volta, Ora torniamo alle rime polimorfiche.

Queste parole sguinzagliate su un tempo più o meno rapido, sono multiformi, meticce, colorate, a volte riflessive e interiori altre volte come fiamme ardenti, sono fuori controllo, sono la voce dal basso, la voce di chi certe cose se le vive in prima persona, pellaccia contro pellaccia, passo avanti passo indietro.

Alcunx rappers sono dei grandi artisti, alcuni hanno rime e metriche impeccabili, altrx un flow che spacca i culi, altrx una grande carica dal vivo oppure in altri casi esiste una gran intesa tra componenti (nel caso di crew o band) che riescono a fare delle cose eccezionali. C’è del rap orecchiabilissimo ma che dice mbelpó di minchiate e altro rap chenüsepposentí ma che ha dei contenuti splendidi.  Son gustibus chi decide? StoCazzo. Alla fine però ogni rapper è un individuo che racconta le cose per come le pensa e con la forma che ritiene a sé più consona.

Ora tornando al blog comincerò pubblicando testi, canzoni e cose di gruppi che conosco, e che in alcuni casi ho avuto modo di conoscere di persona o con cui ho avuto contatti diretti, anche se non tutti quelli che verranno pubblicati chiaramente. Il rap che piace a me e che sarebbe cool raccogliere qui avendo una sorta di archivio, è quello legato alla cultura underground DIY e in taluni casi so bene che si tratta di esperienze ristrette, isolate, fugaci e/o estemporanee o che semplicemente non si conosce per ignoranza (mi vengono in mente I Porci di Bologna a metà anni 2000 e 10 anni dopo gli Istigazione a Delinquere di Benevento, due belle meteore HC). Ma ciò non escluderà l’estemporanea pubblicazione di cose meno di nicchia, anche se ne verrà data una contestualizzazione diversa.

Quindi invito chi ama questa musica e anche chi non la preferisce a collaborare mandando segnalazioni, nomi di formazioni musicali o in generale testi e contributi multimediali che vale la pena pubblicare. Anche le notizie riguardanti prigionierx e benefit nei loro confronti avranno posto da queste parti, sempre e che se ne condivida la linea politica.

Infine dedico questo nuovo progetto al rapper insurgente, anarchico e nichilista Pelao Angry o Sebastián Oversluij Seguel caduto l’11 dicembre 2013 per mano della guardia di sicurezza William Vera durante un esproprio fallito in una succursale della banca statale nel comune di Pudahuel, nella provincia di Santiago del Cile.

A te mancato fratello di battaglia!