Testo di Alfredo Cospito per l’assemblea di Bologna del 9 giugno
Ritengo importante che i compagne-i anarchiche-i con visioni e pratiche diverse si incontrino su questi temi. Per quanto limitato questo è il mio contributo, solo qualche spunto di riflessione critica.
Prima di affrontare dall’interno della “bestia” l’argomento per il quale vi siete riuniti e dire la mia sulle cose “positive” e negative di un AS2 e su come contrastare (secondo me) la repressione che ci sta colpendo bisognerebbe chiarire alcuni punti, farsi almeno due domande… La repressione sta realmente aumentando nei confronti degli anarchici-e? …perché? Qual è la pratica che ha costretto il “potere” a diventare più aggressivo nei nostri confronti?
Che la pressione stia aumentando d’intensità non c’è alcun dubbio. Lasciamo perdere per il momento la normale amministrazione giudiziaria per accuse e condanne per fatti specifici, e soffermiamoci su delle anomalie che sono (secondo me) significative perché indicative di una tendenza. I due anni e mezzo con aggravante di terrorismo per la stampa di un giornale “KNO3” in cui due dei condannati erano inquisiti per attacchi diretti a persone. Gli arresti di Torino con il contorno traballante di accuse di associazione per un opuscolo strumentalmente e assurdamente collegato a pacchi bomba indirizzati a colpire direttamente delle persone ci fanno pensare che qualcuno all’interno delle istituzioni comincia ad aver paure degli anarchici-e. Arresti con accuse di terrorismo e associazione per dei giornali ed opuscoli non sono una cosa da sottovalutare, sono (secondo me) sintomo di una preoccupazione reale da parte dello stato. Sono indicatori che qualcuno-a teme la tendenza degli anarchici-e a fare il “salto” da azioni “simboliche” contro strutture ad azioni “meno simboliche” ad uomini e donne al servizio del “potere”. Temono talmente tanto questa possibile “deriva” da colpire alla cieca senza distinguere tra parola scritta ed azione. (Non voglio a questo punto disquisire su cosa sia “simbolico” o meno, sarebbe un discorso troppo lungo e ci farebbe uscire fuori “tema”, tanto meno posso dilungarmi sull’efficienza di questi attacchi a “persone” e sugli strumenti che si sono usati per colpire ci sarebbe tanto da dire…). Successivamente con le condanne e assoluzioni di “Scripta Manent” l’azione dello stato italiano ha fatto un passo avanti, svelandosi meglio… La strategia che lo stato attraverso il tribunale di Torino ha messo in atto è quella classica del “bastone e della carota”. Attraverso la voce del giudice ha tuonato: “Limitatevi a minacciare e vi faremo fare un po’ di galera preventiva, limitati a distruggere le cose e saremo comunque ‘clementi’ ma se andate oltre vi seppelliremo vivi”. Non sempre la “semplificazione” equivale alla falsificazione, spesso la realtà è più lineare di quel che pensiamo. Noi anarchici-e tendiamo sempre a complicarci la vita, lo stato è fatto da persone in carne ed ossa, queste “persone” cosa temono dagli anarchici-e? Temono che qualcuno di loro li aspetti sotto casa, temono che gli anni “bui” (per loro) ritornino, che la paura ed il terrore cambino di campo. Ce lo dicono loro in tutte le salse, almeno per una volta possiamo dargli credito… Temono il loro incubo peggiore (incubo incredibilmente anche di qualche anarchico-a) il tanto demonizzato “terrorismo”.
Voi adesso (immagino) vi chiederete perché questo pazzoide dallo sprofondo di una galera continua ad usare a sproposito questa parola? Non gli entra nella testa bacata che il “terrorismo” è esclusivo appannaggio degli stati e che “terrorista è lo stato” (lo dicono tutti!). Perché continua a cadere nella solita trappola trascinando sé stesso (e magari anche una fetta di movimento) in uno stillicidio repressivo? Per un semplice e banale motivo, per la mia ferma convinzione che la “rivoluzione” (parola altisonante) la può fare solo chi ha il “diavolo in corpo”. E chi ha il “diavolo in corpo” non ha paura della parola “terrorismo” perché desidera con tutte le sue forze che i potenti vivano nel terrore almeno quanto le loro vittime i “dannati della terra”. E’ per questo che non voglio edulcorare dal mio vocabolario questa parola, non sarà certo il codice penale con le sue condanne o la minaccia della “spada di Damocle” del 41bis sospesa sopra la mia testa a farmi cambiare idea, e a farmi tacere. Vi sto dicendo questo perché dal rifiuto di una parola si passa velocemente e senza neanche accorgersene a sminuire le azioni di cui i compagni-e sono accusati. E qui torniamo al nostro discorso, alla risposta che bisogna dare alla repressione ed al mio punto di vista nettamente divergente rispetto ad alcune cose che ho letto in questi mesi. Non voglio risultare offensivo con nessuno, so bene che è stato fatto e detto tutto in buonissima fede per aiutare i compagni-e ma quando in un comizio si spiega al “popolo” che non si tratta di veri attentati ma di semplici petardi… qualcosa non va! C’è un cortocircuito che danneggia (secondo me) tutti coloro che praticano “l’azione diretta distruttiva” anche chi come me non è chiamato direttamente in causa. Ma veramente pensiamo in questo modo di avvicinare gli sfruttati? Ma veramente crediamo che chi non ha più niente da perdere (lavoro, casa…) si spaventi davanti alla parola “terrorismo”, riavvicinandosi poi rincuorato-a se affermiamo che in fondo sono stati usati solo dei petardi, che chiunque siano gli attentatori hanno solo scherzato, giocato alla rivoluzione. E’ inequivocabilmente il senso di questo tipo di narrazione. Io (controcorrente) non riesco proprio a leggere come “infamanti” le accuse di “terrorismo” o di “associazione sovversiva”. Sempre più spesso negli scritti di solidarietà per noi arrestati sotto il “tranquillizzante” slogan “terrorista è lo stato” in maniera più o meno velata fanno capolino il disprezzo nei confronti di certe definizioni (che non sono un’invenzione del “potere”) che fanno parte della storia di tutti i movimenti “rivoluzionari”. A volte mi capita di pensare che dietro questo disprezzo ci sia più una sorta di pigrizia mentale ed una serie di “frasi fatte” che un’analisi approfondita e meditata. I carcerati a cui spesso ci rivolgiamo non leggono queste definizioni come “infamanti”. Vi faccio un esempio, ogni volta che capito in una sezione “comune” e mi chiedono per quale motivo mi trovo dentro ed io con orgoglio ed ironia rispondo che sono un “terrorista” mi si “aprono” tutte le porte, la solidarietà è massima. Il “potere” lo sa, per questo ci tengono isolati in sezioni speciali. Se i “dannati della terra” recepiscono il “terrorismo” nello stesso modo in cui lo recepisco io, fuori di qui con quali sfruttati ci stiamo rapportando? … che si spaventano per una promessa di vendetta, con che tipo di benpensanti pensiamo di fare questa benedetta “rivoluzione”? Forse comunichiamo con il “soggetto sociale” sbagliato, oppure siamo noi che non riusciamo più a leggere la realtà e i sentimenti, le passioni di quegli oppressi che molti di noi dicono di voler incontrare. Che tipo di credibilità possiamo avere, che tipo di forza possiamo apportare alla “lotta sociale” se gli stessi compagni-e anarchici-e sminuiscono le azioni anarchiche? Capisco perfettamente che serve ad alleggerire la situazione repressiva (anche se ho i miei dubbi) ma in quel modo non si fa un buon servizio a nessuno, tanto meno ai compagni-e prigionieri-e, le difese tecniche lasciamole alle aule dei tribunali.
Non vorrei essere frainteso nuovamente. Per la mia poca diplomazia anche a questo giro avrò offeso compagni-e che sicuramente non se lo meritano. Per farmi perdonare lasciatemi dire una cosa, i compagni che ho conosciuto in questi tre mesi mi hanno tutti arricchito (più di quello che pensano) e pur nelle differenze ed anzi proprio per quello mi hanno dato spunti nuovi. Uno di loro mi ha anche aperto gli occhi su come le mie parole vengano lette all’esterno come aggressive e supponenti. Il fatto è che il “mio pensiero” è così marginale dalle nostre parti (in Italia) che probabilmente viene letto e recepito come “provocatorio”. Credetemi dietro queste mie “polemiche” (come vengono definite da molti) non c’è mai dell’astio personale, la mia critica non è mai a Tizio o a Caio ma al modo (secondo me sbagliato) di ragionare. Vi faccio un esempio tipico di ragionamento fuorviante: la repressione colpisce arrestando compagni-e più o meno a caso in risposta ad attacchi a strutture o uomini e donne del potere, cosa ne deduciamo? “Che il ‘potere’ prende a pretesto questi attacchi per colpire il loro reale obiettivo la lotta che facciamo ogni giorno (alla luce del sole) nel sociale, le occupazioni, la lotta per la casa etc…”. In questo modo violentiamo la realtà mettendo la testa sotto la sabbia per non guardarla in faccia. Possibile che non ci viene il dubbio (neanche per un secondo) che il “potere” vuole semplicemente colpire i responsabili di quelle azioni, magari colpendo nel mucchio per dare una risposta immediata. Non vi sembra più verosimile che se il “potere” colpisce in maniera più dura un tipo di azione è perché la “azione diretta distruttiva” colpisce maggiormente nel segno rispetto a presidi, occupazioni, manifestazioni… ma naturalmente ha l’inconveniente di scatenare maggiore repressione, spesso a pioggia, a caso. Tutto qui. Per favore non raccontiamoci favole immaginando complotti contro le nostre “lotte nel sociale”, la realtà è così evidente che bisognerebbe prenderne atto. Questo modo fuorviante di ragionare porta all’isolamento di certe pratiche o al loro annacquamento, la mia paura adesso è che la nostra dura condanna diventi uno spauracchio per tutti gli anarchici-e che in questo paese vogliono andare oltre. Per quanto mi riguarda non gliela darò vinta, non ragionerò in base alla convenienza spicciola. Il mio ottimismo rimane granitico perché vedo che in mezzo mondo l’evoluzione del movimento anarchico sta andando nella direzione giusta, nella direzione che insieme a tanti altri anarchici-e ci ha indicato con l’esempio Mikhail Zhlobitsky col suo gesto vendicatore. Non mi dilungherò oltre in queste mie “elucubrazioni” (che uomini e donne senza cuore e sangue nelle vene, non ho dubbi, definiranno retoriche e vuote) e se avrete ancora voglia di ascoltare affronterò ora temi più “concreti” nella maniera più concisa possibile sperando di risultare utile.
Sarò breve, sulla situazione alla AS2 di Ferrara ho poco da dire a furia di “scazzi” ci hanno dato quello che abbiamo richiesto. Agli inizi non avevamo niente, solo l’aria e la socialità per il pranzo, gli abbiamo fatto capire con determinazione che così non andava e nel giro di qualche mese la situazione è migliorata di molto. Sono sei anni e passa che sono qui. Di solito dopo 7-8 anni trasferiscono in blocco tutta la sezione. Il punto di “forza” delle AS2 è che se scoppiano casini ti possono isolare per 15 giorni, ma non sbatterti in un altro carcere, il direttore anni fa ha provato a chiedere il mio trasferimento, ma visto che dipendiamo dal ministero di Roma gli hanno risposto di no. Quindi l’arma della “dispersione” (trasferimento in un altro carcere per allontanarti dai tuoi compagni-e, amici-e) qui non funziona. Siamo totalmente separati dagli altri detenuti che non vediamo mai, quando andiamo al colloquio, al nostro passaggio, li allontanano o chiudono. Di qui sono passati molti altri anarchici, chiedete loro, vi sapranno spiegare meglio. In questo momento per quanto riguarda le AS2 mi concentrerei unicamente sulla situazione dell’Aquila. Nelle altre AS2, Alessandria e Terni, sono prigionieri i compagni delle BR, compagni comunisti ed un nostro compagno Marco che si trova ad Alessandria. Credo che anche per loro non dovrebbero esserci problemi particolari. Per quanto riguarda le compagne comuniste credo siano state declassificate. Sull’idea di coordinarsi tra le varie casse di solidarietà non ho un’idea precisa, sarebbe sicuramente utile, le differenze di pensiero in questo frangente dovrebbero essere messe da parte. Riuscire a parlarci almeno per organizzare la solidarietà materiale sarebbe un piccolo passo ma importante. Ma è una questione che devono valutare i compagni fuori che si occupano di questo. L’importante è che nessuno compagno-a venga lasciato solo-a. La cassa di “Scripta Manent” dagli arresti non ci ha mai fatto mancare il sostegno. Credo siamo tutti-e d’accordo che non devono esistere compagni-e di serie A o serie B, siamo tutti uguali davanti alla repressione. E’ capitato che compagni-e molto combattivi-e venissero trascurati perché poco conosciuti fuori. Secondo me alcune scelte radicali di resistenza non vengono sostenute nel modo “adeguato”. Il gesto più coerente per un prigioniero-a anarchico-a è l’evasione, noi abbiamo in questo momento un compagno sardo che sta subendo da anni la deportazione dal suo paese e la censura quasi ininterrotta per il suo tentativo di evasione, per la sua combattività e irriducibilità. La prima proposta che faccio è di concentrare i nostri sforzi solidali per Davide [Delogu], e per Silvia e Anna rinchiuse all’Aquila, questo naturalmente se tutti loro sono d’accordo. Credo inoltre che sia importante seguire le udienze del processo ai compagni arrestati per l’operazione “Panico”. La presenza combattiva in aula è importante, a volte potrebbe fare la “differenza” oltre a comunicare solidarietà e a chiarire le intenzioni future di sbirraglia varia a chi è fuori, così a non trovarci a cadere dal pero (sorpresi) quando ci sono “dure” condanne. Comunque sia, le aule vuote comunicano isolamento questo al di là della nostra accettazione o meno della videoconferenza. Detto ciò (non mi sono ancora rincoglionito), la lotta vera è fuori da quelle aule…
Arrivo adesso al mio solito tasto “dolente”, quello che ad un anarchico-a manca di più è il contatto con il “movimento” fuori, informazioni sui vari dibattiti (nel limite del possibile), informazioni sugli incontri, sulle iniziative (manifesti, volantini), la spedizione delle novità editoriali di “case editrici” di movimento, soprattutto notizie di azioni che capitano per il mondo. E’ l’unico modo che abbiamo di ricevere notizie fuori dai canali ufficiali. In tal senso la mia seconda proposta sarebbe che gli stessi compagni che gestiscono i siti: Round Robin, Act For Freedom Now, Attaque, Finimondo, Istinto Salvaje, Croce Nera, Insurrection News, Contrainfo, etc … Anarhija (lo fa già da quando è iniziata l’operazione) ci spedissero le loro “info” ognuno per conto suo, così avremmo risolto una buona volta questo problema, una sola spedizione per ogni AS2. Dopo il mio appello a ricevere info il flusso di notizie era aumentato ma tende inesorabilmente col tempo a ridursi, nel periodo in cui erano qui i compagni trentini e torinesi il flusso di notizie era aumentato, per poi tornare a diminuire una volta usciti. A proposito di notizie da una settimana a questa parte qui a Ferrara è impossibile acquistare quotidiani, non sappiamo se riguardi solo Ferrara. Adesso se vogliamo un quotidiano siamo costretti a chiedere che qualcuno dall’esterno ci faccia l’abbonamento. Non è una cosa vitale ma sono quelle piccole cose che migliorano la vivibilità. Vi auguro buon “lavoro”.
Sempre per l’anarchia
Alfredo Cospito